Cacucci Pino - 2014 - Ferrovie secondarie by Cacucci Pino

Cacucci Pino - 2014 - Ferrovie secondarie by Cacucci Pino

autore:Cacucci Pino [Cacucci Pino]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: General, Literary, Travel, Essays & Travelogues, Europe, Road Travel, Adventure, Special Interest, Italy, Food; Lodging & Transportation
ISBN: 9788858852330
Google: sh2PAwAAQBAJ
Amazon: B00K7D3HKK
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2014-05-06T22:00:00+00:00


Trespiano (Firenze). Mugello, Appennino Tosco-Emiliano. Ferrovia Faentina Faenza-Firenze, gestite da Ferrovie dello Stato. Il treno attraversa il ponte nei pressi di Pian di San Bartolo. Fotografia © Paolo Righi.

Nel Granducato di Toscana avevano cominciato a scervellarsi su come valicare gli Appennini fin dal 1840, con il principale intento di collegare con una linea ferrata Firenze a Marradi, che pur appartenendo al Granducato, si ritrovava in una sorta di enclave interna allo Stato Pontificio, che allora comprendeva la Romagna. Per un paradosso della Storia, l’intenzione di sottrarre Marradi all’influenza vaticana vide come artefice un prete, il padre scolopio Giovanni Antonelli, incaricato dal Granducato di approntare un progetto per la nuova ferrovia. Antonelli era una singolare figura di sacerdote: padre provinciale delle Scuole Pie della Toscana, si occupava intensamente di studi astronomici, era un erudito in fisica e, per diletto e amore del progresso, aveva nientemeno collaborato con Nicolò Barsanti e Felice Matteucci alla realizzazione di prototipi di motore a scoppio. A lui si deve anche il primo parafulmine montato sul campanile del duomo di Firenze. Ma in particolare, l’intraprendente prelato era un ingegnere attratto dalla progettazione di linee ferroviarie, malgrado i dettami di papa Gregorio XVI che considerava il treno “un’opera del diavolo”. Pur essendo il più razionale e praticabile, il progetto di padre Antonelli rimase impantanato tra i mille dubbi e indecisioni dei governanti, poi momentaneamente surclassato dalla realizzazione della linea Porrettana, inaugurata nel 1863, che collegava Pistoia a Bologna. Per ridare vigore all’idea di una ferrovia tra la Romagna e la Toscana ci sarebbe voluta la proclamazione del Regno d’Italia, che nel 1865 stabilì la capitale a Firenze, e poi a Roma nel 1871.

Chissà perché l’hanno chiamata Faentina se per due terzi si snoda in Toscana e da Firenze partì l’idea e la messa in pratica. Comunque, in rispetto del nome e visto che per me e Paolo Righi Bologna è caput mundi, partiamo da Faenza. Cioè dalla “capitale della ceramica”, che vanta fin dal Cinquecento il francesismo faïence diffusosi in tutta Europa per “la terracotta rivestita da un vetro opaco”, la maiolica allora migliore dell’intero continente e oggi motore dell’economia locale: attraversando la periferia dove sorgono le rinomate fabbriche, resta per me ignoto il motivo per cui le ciminiere delle fornaci emanino un odore che non sa certo di terra cruda o cotta, ricordano piuttosto le porcilaie tra Modena e Reggio, e dubito si usi lo sterco come combustibile organico – sì, magari! – fatto sta che la puzza è proprio quella… Pazienza, è il progresso, bellezza, il progresso: lo sprovveduto crede che quei fumi siano cacca al vapore, e invece là dentro producono piastrelle esportate nel mondo.

Prima stazione lungo il percorso è quella di Brisighella, antico centro urbano della bassa valle del Lamone: la Rocca si staglia maestosa fin dal 1310, mentre la torre cilindrica maggiore la costruirono i veneziani all’inizio del XVI secolo, quando la Serenissima osò spingersi fin quaggiù nella smania di conquiste. Si prosegue per Fognano e San Cassiano, la pianura romagnola si perde alle nostre spalle, tra colline che ben presto si trasformeranno in contrafforti appenninici.



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